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NOTA

The sequence of work is not placed in chronological order but according to thr intentions of the author.

INDEX

INDEX

LVI – Florence 2023 – vU: Residenza

LV – Zürich 2022 – Rombo: Exhibition panel

DIREZIONI RADICALI II

STUDIO SPAZIO COLORE

DIREZIONI RADICALI I

LIV – Zürich 2014 – Lampada Forma: Le forme elementari.

LIII – Firenze 2021 – The oleander garden: Rinascimento and the orient.

QUADERNO n° 98 – Copia di una copia.

LII – Zürich 2020 – Il Progetto di Provincia: Considerazioni sul progettare.

QUADERNO n° 96 – Da un viaggio a Davos: Vista dallo Schatzalp.

LI – Zürich 2014 – Don Tisch: Study for a Structure.

ARCHITETTURA NEL PAESAGGIO

L – Zürich 2020 – Paperwork: First exibition in a former construction factory in Manegg.

XLIX – Zürich 2020 – Studio Spazio Natura: L’entroterra.

LA MIA OPERA: La mia mano.

XLVIII – New York 2020 – La New York di Judd: Un viaggio a New York.

XLVII – Zürich 2020 – Haus Greifensee: Una casa con poco.

XLVI – Firenze 2020 – Padiglione per giardino: Un compromesso con il giappone.

XLV – Firenze 2020 – La Storia: Un’opera visionaria.

XLIV – Lantsch/Lenz 2005 – Haus Amilcar: Sulle orme di Rudolf Olgiati.

XLIII – Firenze 2002 – Recinti: Lo spazio nell’architettura.

XLII – Firenze 2002 – Allegri: Il negozio della pioggia.

XLI – Zürich 2019 – Alberto Giacometti: Visione di un maestro.

XL – Airolo 2017 – La montagna magica: Visioni del paesaggio.

QUADERNO 91 – Appunti sull’architettura pagana: Una Cattedrale

XXXIX – Cordoba 2016 – Architettura pagana: Visione per una cattedrale su nudo di donna.

XXXVIII – Julierpass 2011 – Architettura nel paesaggio n°11: Per un intervento nella montagna.

XXXVII – Dübendorf 2019 – Grill d’Aprile: Opera per un orto urbano realizzata da Lehni.

XXXVI – Zürich 2019 – Haus 131: Progetto per una casa triangolare.

XXXV – Dübendorf 2015 – Garderobe: Progetto e realizzazione di un porta abito realizzato da Lehni.

XXXIV – Zürich 2017 – Garden Vase: Progetto per dei vasi da giardino.

AUTOBIOGRAFIA ICONOGRAFICA – Antonello da Messina: Da una visita alla National Gallery in London.

XXXIII – Zürich 2009 – Paravent: Paravento realizzato da Lehni.

QUADERNO 80 – Aerchitettura: Pastello ad olio Sennelier e matita.

XXXII – Solothurn 2010 – Luoghi: Da un viaggio a Solothurn fra le architetture e la storia.

QUADERNO 83 – Architetture biomimetiche: Acquerello Windsor & Newton e martita su carta.

XXXI – Marfa 1997 – Da un viaggio in Texas: Visione di Marfa.

XXX – Zürich 2016 – Japanisch Tisch: Progetto per un tavolo da salotto di ispirazione giapponese.

XXIX – Zürich 2018 – Etude: studio per una facciata (pencil on yellow paper).

NOTA BIOGRAFICA – Yves Bonnefoy: L’imperfection est ls cime.

XXVIII – Zug 2014/2017 – Haus AJPK: Una casa studio sul lago di Zug. Un luogo per evadere.

XXVII – Firenze 2018 – Il mio giardino: Una parete ed un colore ovvero un reale studio-spazio-colore.

XXVI – Zürich 2018 – Il modernista sacro: In relazione al maestro Josef Albers.

XXV – Firenze 2017 – Gardten Tisch: Progeto per un tavolo da giardino, quasi una scultura.

XXIV – Studio per una mensola: arte utile.

XXIII – Alghero 2015/2017 – Casa Mondo: Architettura memoria dei nuraghi, nata direttamente dal terreno e da un’estate in sardegna.

QUADERNO 71 – China giapponese su carta: studio per una tettoia nel verde.

XXII – Zürich 2016 – Mensola Atlas: Opera realizzata per un lavoro dell’artista Pascal Schwaighofer.

QUADERNO 61 – Acquerello Windsor & Newton su carta e Collage: Per un’architettura a Zurigo.

XXI – London 2016 – Luoghi: British Museum in London.

XX – Zürich 2017 – Studio: Thirteen Vases.

XIX – Zürich 2017 – Studio sulla città: Zürich (1972) con Aldo Rossi.

XVIII – Zürich 2014 – Studio: Vignola Five Orders.

XVII – Zürich 2016 – Wohnsiedlung Mnemosine: Wettbewerb Heinrichstrasse.

XVI – Taranto 2013 – Scuola di Canottaggio: Studio di fattibilità fra due mari.

XV – Baar 2014 – Studio: Una struttura per un tavolo.

XIV – Zürich 2003/2018 – Haus Atelier 32: Nel 2003 era un volume plastico in legno e stucco, per poi diventare nel 2018 una casa.

QUADERNO 74 – China giapponese e Collage.

XIII – Zürich 2017 – Tisch NJP: Sulle tracce di Isamu Noguchi.

QUADERNO 70 – China giapponese su carta: Per una casa sopra un muro.

XII – Firenze 2003 – Camera Atelier: Quandoi si lavorava in camera.

XI – Toscana 2010 – Architettura nel bosco: Da un viaggio in due.

X – Toscana 2010 – Architettura sul fiume: Da un viaggio in due.

IX – Dübendorf 2008 – Lehni Sofa: Il ricordo di un sofà nello studio di mio padre. Prodotto da Lehni.

VIII – Dübendorf 2007 – Variazioni sul Beistelltisch: Prototipo prodotto da Lehni.

VII – Dübendorf 2005 – Tino: Tavolo da salotto prodotto con Lehni.

QUADERNO 80 – Un muro sul giardino. Pastello ad olio Sennelier.

NOTA BIOGRAFICA: Samuel Beckett, Finale di partita.

VI – Zürich 2006 – Opera IV: Tavolozza per artista.

V – Zürich 2006 – Opera III: Tavolozza per artista.

IV – Zürich 2006 – Opera II: Tavolozza per artista.

III – Zürich 2005 – Opera I: Tavolozza per artista.

II – La Chaux de Fonds 2010 – Abitare: Vista di un interno.

I – Firenze/Zürich 2007/2018 – Old Page: Lavoro grafico con Giovanni Antignano Visula Designer.

LV ROMBO

LV

Zürich 2022

ROMBO

Exhibition panel

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Rombo
Rombo

Made by Lehni, ‘Rombo’ is a panel on wheels for exhibitions with its anchoring system for paintings and/or works in general. Its rhomboid shape offers four exhibition panels measuring 100 x 2300 cm and gives strong stability against possible tipping over.

Rombo is designed to subdivide spaces in general. Aligned in a continuous line, they can form a true wall.

Manufactured in aluminium and equipped with wheels, it allows easy mobility, even with works already placed on its four sides.

Its shape, illuminated by diffuse light, offers excellent chiaroscuro effects.

Power-coated aluminium totally in white, white and reseda, RAL colours at choice.

193 x 59 x 235 cm

Radical direction

Direzioni radicali II

Quando il rigido funzionalismo era il dogma, la morale borghese o del contadino regnava nella cultura europea, l’essere radicali, dagli anni ’60 agli anni ’80, era quello che “veniva dagli U.S.A.”, dalla prima cultura POP, in arte, e dal ’68 e post-’68, nelle classi sociali, fra le università; quello che Ettore Sottsass rappresentava alla perfezione con il suo lavoro di designer, o meglio “anti-design”.

Oggi, dove la maggioranza della popolazione occidentale e neo-capitalista , vive in uno stato di perenne alienazione, nutrita dai “social” e nella ossessione del capitale; in cui l’immagine non necessita di contenuti particolari ma vive nel suo esistere, proprio per questo, oggi, l’essere radicale, ovvero colui che risiede alla radice, all’essenza della cosa, quindi agli estremi opposti del consueto, altro non è che resistere nella linea dell’elementare, in froma e funzione. […].

A.M. 2022

Radical direction I

Direzioni radicali I

Ci sono due strade per “essere radicali” nella progettazione di un prodotto di design, per ottenerne un prodotto che non sia il risultato fatto da compromessi verso la moda.

Una strada è quella che va per analogie, riferimenti emozionali, l’altra, la seconda, va per funzioni, l’essenza dell’utilità, molto vicina, quest’ultima, ad una linea monastica, mentre l’altra, la prima, quella che si muove per analogie, più si lega ad un’espressione “erotica” dell’abitare.

Del resto, forse, non è sempre assai difficile prescindere dal modo con cui lo spazio viene vissuto, dalle attività che questo vede svolgersi al suo interno?

Le Corbusier riceveva i visitatori mettendo un disco nel suo grammofono (Johann Sebastian Bach) per poi condurre il visitatore all’interno delle sue architetture; quasi a indicarne uno stato emotivo: quello con cui ognuno doveva vivere lo spazio, l’architettura da lui progettata . […]

A.M. 2022

LIII Il giardino degli oleandri

LIII

Firenze 2021

a.

THE OLEANDER GARDEN

Un giusto compromesso fra la città di Firenze, la storia dei suoi giardini nascosti fra le mura che recintano le proprietà, l’ombra delle facciate, e l’oriente:

Un incontro fra la spiritualità del chiostro rinascimentale ed il giardino della Kyoto imperiale. Qui il progetto evita l’improprio prato all’inglese, amato da molti del vicinato, adottando il grigio (nelle varie tonalità) della ghiaia (fine e meno fine) e le zolle vangate di terra.

La geometria rinascimentale delle aiuole, in siepe di Bosso, lascia il posto alla centralità di un cerchio il cui perimetro viene disegnato da laterizi parzialmente interrati. Intorno a questo spazio circolare si trovano frammenti del giardino in terra, corteccia e ancora ghiaia fine di diversa tonalità.

L’interno del cerchio è costituito da un manto in ghiaia fine con una profondità di 8-10 centimetri; tre oleandri ed un ciliegio si innalzano sulla superficie circolare entro cui vi trovano posto due panchine in legno e metallo (arredo della tradizione), due tavoli da caffè Lehni e a “nobilitare” lo spazio, un’opera dell’artista americano Richard Nonas in pietra, lascito della collezione Lehni-Quarella.

Passaggi in pietra serena antica (ripresi da altri interventi) determinano i piccoli camminamenti: dagli accessi al giardino verso la centralità del cerchio, all’ingresso verso gli spazi determinati dalla diversità della piantumazione, così da non calpestarne la superficie, sia essa in terra arata o corteccia.

Di questi spazi, uno è destinato a roseto, un secondo ad arbusti/rampicanti ed un terzo alle piante aromatiche e fiori in vaso e a terra.

L’area prossima alla scala d’accesso principale in pietra serena, è progettata in ghiaino fine e terra battuta. Questa è destinata ad ospitare un tavolino e sedie Lehni per coatituire il “luogo della conversazione”.

Accanto a questo spazio viene collocata un’opera dell’artista/ designer Donald Judd in rame prodotta da Lehni: N° 10, Table (75/100/100 cm)

A.M.

Aprile 2021: fase di progetto

Architettura-Design
Fotografia del giardino nell’anno 2011

Il giardino degli oleandri
Planivolumetrico

LII IL Progetto di Provincia

LII

Zürich 2020

r.

IL PROGETTO DELLA PROVINCIA

In fin dei conti la maggioranza dei più importanti progetti che hanno riguardato la produzione (tecniche, modalità, manifattura) sono estremamente legati al territorio, alla provincia e nonostante questo diventati status-symbol internazionali.

Questo può facilmente scagionare tutte le negatività che nel corso dei decenni ha assunto l’aggettivo di “provinciale”.

Questo aggettivo, di cui noi italiani ne sentiamo l’enorme peso, Comune per Comune, per la congenita miopia che ”erba del vicino è sempre più verde”, in altre nazioni è quasi fuori dal dizionario o almeno dall’uso corrente.

Proviamo infatti a studiare alcuni dei prodotti di design che la storia ha posto sul podio di vincitori e che hanno assunto fama internazionale.

Le opere dell’architetto svizzero Le Corbusier non rappresentano l’evidenza di questo?

Nella fotografia in prima pagina ho messo il dettaglio della seduta di una LC1 prodotta oggi da Cassina di cui ne possiedo due esemplari degli anni ’60.

L’utilizzo della pelle con pelo pezzato non ci ricorda forse i pascoli che facilmente osserviamo viaggiando in auto lungo le strade della confederazione elvetica? Non ci riporta prontamente all’attività più storica di tutta la Svizzera ovvero quella agraria? Non è questo prodotto facilmente inscrivibile nel “tipico”, quasi nel “caratteristico svizzero”?

Eppure oggi è un prodotto internazionale, uno status symbol che ha varcato i continenti.

Scrivo questo per dire che alla fine non è mai necessario trovare forme gratuitamente stravaganti per essere innovativi ma solo utilizzando quello che abbiamo intorno, con tecnologie magari nuove, la mano d’opera di chi da secoli lavora materiali specifici (legno, alluminio, pelle, tappezzeria etc.) per creare qualcosa di regional-internazionale.

Almeno che qualcuno non creda che il futuro sarà il privarci di tutta la nostra storia, dei paesaggi che ci circondano, dei boschi che costeggiano le nostre città, degli animale che ne abitano le colline, delle tavole apparecchiate, dell’amore per la casa ed il confort dell’abitare:

molto difficile da sostenere.

The province’s project

After all, the majority of the most important projects that have concerned production (techniques, methods, manufacturing) are extremely linked to the territory, the province and despite this have become international status symbols. This can easily exonerate all the negativity that over the decades has assumed the adjective “provincial”.

This adjective, of which we Italians feel the enormous weight, City by City, for the congenital short-sightedness that “the grass of the neighbour is always greener”, in other countries it is almost out of the dictionary or at least out of current use.
In fact, let’s try to study some of the design products that history has placed on the podium of winners and that have taken international form.

Don’t the works of Swiss architect Le Corbusier represent evidence of this?

In the photograph on the front page I put the detail of the seat of an LC1 produced today by Cassina, of which I have two examples from the 1960s.
Doesn’t the use of pebbled leather remind us of the pastures we easily drive along the roads of the Swiss confederation? Doesn’t it promptly bring us back to the most historic activity of all in Switzerland, namely agriculture? Isn’t this product easily inscribed in the “typical”, almost “characteristic Swiss”?
And yet today it is an international product, a status that has crossed continents.

I am writing this to say that in the end it is never necessary to find gratuitously extravagant shapes to be innovative but only to use what we have around us, with perhaps new technologies, the labour of those who have been working for centuries on specific materials (wood, aluminium, leather, upholstery etc.) to create something regional-international.

Unless someone believes that the future will be to deprive us of all our history, of the landscapes that surround us, of the woods that border our cities, of the animals that live on the hills, of the laid tables, of the love for home and the comfort of living:

very difficult to sustain.

LI Don Tisch

LI

Zürich 2014

DON TISCH

Study for a Structure

r.

Studio (Watercolor on paper 35 x 50 cm) / © Antonio Monaci 2014

Ho lavorato a lungo sulla possibilità di una struttura semplice da essere replicabile nell’ambito del design come nell’architettura. Questo disegno ne costituisce una testimonianza chiara dell’elementarità verso cui volevo arrivare.

L Paperwork

L

Zürich 2020

PAPERWORK

PAPERWORK begins with a first exhibition in a former construction factory in Manegg, a district of Zurich

r.

Tavolozza per artista: Opera II, 2005. Palette for artist, abstracts the process of painting into a new objectified form. © Antonio Monaci

Kuratiert von Marco Fedele di Catrano und Nathalie Diserens

Adam Thompson · Alessandro Piangiamore · Angela Marzullo · Antonio Monaci · Aurélien Gamboni · Barbara Davi · Barbara Signer · Bernd Trasberger · Bettina Diel · Claudia Kübler · Clio Newton · Costa Vece · David Knuckey · Donatella Spaziani · Elza Sile · Emanuela Moretti · Erich Weiss · Esther Kempf · Filib Schürmann · Florence Jung · Franz Kapfer · Giampaolo Russo · Giancarlo Norese · Gianluca Trifilo · Ilona Ruegg · Jiajia Zhang · Jimmie Durham · Katrin Hotz · Kilian Rüthemann · Kostas Bassanos · Laura Jurt · Luc Mattenberger · Maya Lama · Marco Fedele di Catrano · Mickry3 · Milenko Lazic · Milva Stutz · Miriam Sturzenegger · Mirjam Blanka Inauen · Nathalie Diserens · Nicoletta Wartmann · Nils Nova · Paloma Ayala · Patric Sandri · Raphael Stucky · Roman Gysin · Roman Maeder · Schumacher/Clavadetscher · Sebastian Krähenbühl · Stefano Benini · Thea Kuta/Habib Afsar/Michael ‹Koko› Eberli · Tobias Berndt · Tom Menzi · u/n multitude · Valentina Pini · Valentin Egli · Vela Arbutina · Vivianne Tat · William Lamson · Yves Sablonier

Demolished industrial buildings, which were mainly dedicated to paper production, make room for imposing residential complexes.
A standard pallet of 6290 sheets of Amber Volume Paper (90 g) in 1020 x 720 mm format marks the starting point of the PAPERWORK project. The path of the paper on the pallet exemplifies the transformation process from an industrial society to a digital service society, in which industrially manufactured products lose their value.
PAPERWORK is a collective term that is used grammatically in the singular, but at the same time refers to the numerous and repetitive. The word evokes several levels of meaning, it touches on bureaucracy, becomes political, emphasizes serial work in reference to the material or disappears in the ephemeral.

XLIX L’entroterra

XLIX

Zürich 2020

L’ENTROTERRA

Studio Spazio Natura

r.

Quest’opera rappresenta l’inscrivere all’interno di uno spazio fisico geometricamente definito, frammenti di un paesaggio dell’infinita pianura attraverso la stesura del colore su due piani inclinati verso un punto di fuga comune.

Questo lavoro fa parte di un ampio ciclo sulla ricerca emozionale del colore nello spazio fisico circoscritto, qualsiasi esso sia: domestico, pubblico, laico o sacro.

Attraverso l’inserimento di nuovi piani prospettici su cui vengono stesi, campi “monocromi” di colore, o altre volte distorsioni prospettiche più o meno estreme di paesaggi naturali, con la volontà di ridisegnarne dello spazio la sua.

resta coinvolto attraverso una sua precisa alterazione. Lo spazio diventa semplicemente il luogo e la prospettiva ne diviene il mezzo per rappresentarlo in maniera più o meno empirica trattandosi di figurazioni ipotetiche, “ne totalmente terrestri, né totalmente celesti” (Frà Giovanni da Fiesole).

All’interno di questo studio che ha un principio ma non ne vede la sua fine, vi è un chiaro condizionamento dalla di quella “perspectiva pingendi” elaborata dai grandi maestri del Quattrocento in Italia:

“La prospettiva come i grandi toscani l’hanno elaborata nel Quattrocento, Dio sa se la si può mettere al servizio del fantastico, dell’irreale, del sogno” (Yves Bonnefoy: L’entroterra. 2004 Donzelli editore)

(Antonio Monaci 19 Maggio 2020. Testo per la mostra “Paperwork” in Zürich)

https://paperwork.space/

Studio Spazio Natura: L’entroterra (Olio su tela di lino e MDF, 22 x 26 x 0,3 cm) / © Antonio Monaci

La mia mano IV 2020

La mia opera

“Io ho una teoria infallibile sulle mani degli uomini, in particolare di architetti ed artisti; per esempio, sono in grado di riconoscere tutti i miei studenti semplicemente dalle loro mani, perché vi assicuro che non esistono due mani identiche. Ciò che la gente produce dipende in larga misura dalla forma delle mani di chi opera.

Le nostre architettture rispecchiano le nostre mani. […].”

Fernando Tavora, da un incontro nel suo studio. Scritto tratto da Fernando Tavora. Opera completa. Edizioni Electa 2005).

Antonio Monaci: La mia mano. 2007 Acquerello Winsor & Newton su carta 30 x 50 cm

XLVIII New York

XLVIII

New York 2020

LA NEW YORK DI JUDD

e la Metropoli sognata.

r .

Donald Judd, 101 Spring Street / Photography © Antonio Monaci, February 2020

Una settimana a New York per l’inaugurazione della mostra al MoMA su Judd per cui abbiamo donato alcune fotografie d’archivio.

N.Y. dopo ventitre anni dalla mia precedente visita, mi appare più concreta nel suo splendore, nei richiami costanti a quanto abbiamo ammirato nei nostri “studi”.

Ci sono luoghi che sembrano possedere tutti gli archetipi di quello che rappresenta la metropoli perfetta, N.Y. li presenta in un susseguirsi continuo. Non parlo solo di elementi che riguardano arte e architettura ma qualcosa di forse più vicino all’esistenziale.

Ti sembra che qualsiasi necessità possa qui essere soddisfatta.

Forse sono proprio questi i termini più giusti, quelli che riguardano l’esistenzialismo.

Dal “prima del modernismo”, il “modernismo”, il “post moderno” ed il “contemporaneo”: tutti questi periodi, con quello che hanno rappresentato, vi si manifestano in forma completa.

Arte, architettura, cinema e letteratura, poi musica, riempiono ogni angolo di questa metropoli. In ognuna di queste materie N.Y. porta a compimento i capitoli che ogni autore ha affrontato.

Qui si ha l’inizio e la fine di ogni racconto perché compiuto. Sembra che

ognuno possa portare a termine quello che qui ha iniziato, per poi poter ripartire con una nuova storia, oppure in veste di spettatore assisterne ad altre, fino al loro “THE END”.

Ecco, si, è un po’ questo: N.Y. sembra non lasciare nulla in sospeso, alla fine di un racconto ne pate un altro e così a seguire, giorno per giorno, settimana, anni, decenni e più ancora.

Questo penso che distingua la grande città dalla provincia.

In provincia vi sono racconti iniziati secoli fa che ancora non hanno visto la loro fine, dove l’uomo non può fare altro che continuarne le tracce cercandone una chiusura che non troverà mai. Ed in fin dei conti è proprio nella provincia che la storia ha il suo grande compimento. Una “storia” che appare come unica, unitaria, mai finita, di cui noi ne facciamo parte attiva con le nostre opere, con la nostra esistenza, la nostra vita. E ne è l’Italia con il suo “Entroterra” (Yves Bonnefoy) fra i più ricchi esempi.

Qui sembra che non se ne possa sfuggire, che nei secoli, nonostante i ripetuti tentativi (fino ai contemporanei più estremi) l’uomo ne rimanga avvolto. Le metropoli come N.Y. in cui tutto nasce e muore in cui le “opere magnifiche” e finite lasciano

il posto a chi ne fa di nuove, per chi viene dai luoghi come l’italia in cui la storia ha fermato il tempo, sembrano luoghi dei sogni, ovvero del sogno sognato.

All’opera minimalista di Donald Judd che N.Y. e “l’america” ne hanno in qualche modo permesso la nascita e nutrito la crescita, l’italia ha potuto rispondere con autori di pari livello sopra a tutti Francesco Lo Savio, prima che anch’egli venisse nascosto dalla nebbia della provincia, portandolo, dal vuoto intorno, alla morte vera per lui e creativa per molti altri.

New York, 101 Spring Street: Judd Foundation / Photography © Antonio Monaci 2020
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XLVII Haus Greifensee

XLVII

Zürich 2020

EXISTENZMINIMUM

a .

Ho passato un pomeriggio a casa di amici vicino al Greifensee nei pressi di Zurigo. Questi amici abitano in una porzione di casa nella campagna, isolata fra i boschi. La loro porzione in origine era adibita a cantina, serivzi ed una camera per gli ospiti dei signori ai piani superiori. Questi amici hanno “risistemato” gli spazi nel miglior modo possibile senza volontà di investirci troppo capitale.

Questi “limiti” al loro progetto hanno costituito uno spazio che ai miei occhi era particolarmente interessante, un po’ la conferma che a volte è meglio non chiamare gli architetti e fare con poco e da soli.

Tornando in auto verso Zurigo, ho riflettuto tutto il tempo su questa possibilità, una casa ideale con poco: pochi spazi, pochi materiali e dettagli poveri; un progetto che riprenda i “tipi” consolidati rivisitandoli al minimo per ragioni funzionali consone al contemporaneo.

Questo progetto nasce da quel pomeriggio al Greifensee, un altro esempio di come spesso il miglior modo di progettare è quello di vedere quello che già esiste, magari meglio se non dal “grande nome”.

Qui ne sono riportati i disegni base della planimetria (priva di dettagli tecnici ed arredi) e dei prospetti.

A.M. 2020

Manifesto Haus Greifensee
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DISEGNO Tisch

Struktur Tisch, Acquerello Winsor & Newton su carta gialla (30 x 50 cm) / © 2013 Antonio Monaci

XLVI PADIGLIONE PER GIARDINO

XLVI

Firenze, 2019

PADIGLIONE PER GIARDINO

a.

Per un giardino a Firenze.

Quaderno n° 71

Le influenze del giappone si mostrano in questo progetto per un giardino fiorentino. Una volta un ospite giapponese mi disse che non esistevano molti legami fra i giardini del giappone e quelli fiorentini, lui ne vedeva una distanza abissale per i principi che ne costituiscono il loro disegno: giardino “all’italiana” e “giapponese” si muovono su crinali che ai suoi occhi proprio non potevano incontrarsi.

Io ho trovato forse quel punto impossibile d’incontro, almeno in un dettaglio d’arredo.

A.M. 2019

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XLV La Storia

XLV

Firenze, 2020

LA STORIA

r.

Progetto per un’opera in marmo da porre in un giardino fiorentino.

Visione assonometrica / Grafite su carta bianca (35 x 48 cm)

“La Storia” è il suo titolo, un’opera in marmo statuario bianco di carrara, dalla superfice “non finita” nel suo sviluppo (di michelangiolesca memoria) in bocciardato, per terminare con una faccia levigata nella parte superiore a simboleggiare la nascita.

In questa visione si mostra la storia come la rappresentazione del passato e del presente immediato (il nato adesso), prima che diventi egli stesso il “presente passato”.

Appare evidente la citazione che porta al monumento storico (monumentale nella città) così come a quello lapideo.

L’opera si poggia su un basamento dalla proporzione aurea per poi svilupparsi in un’altezza dal rapporto di uno a quattro.

Michelangelo Buonarroti, dettaglio della Pietà Bandini.
Photography © Antonio Monaci.
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XLIV Haus Amilcar

XLIV

Lantsch-Lenz, 2005

HAUS AMILCAR

a.

Progetto per nuove residenze di vacanza nel podere Amilcar: Architettura della montagna, sulle orme di Rudolf Olgiati.

Haus Amilcar / Stubä

Il progetto comportava l’inserimento di un nuovo blocco residenziale per appartamenti di vacanza, accanto ad un’importante opera architettonica del 1690 ed a quindici anni dall’intervento di restauro eseguito da Rudolf Olgiati, ben riconoscibile in tutto il contesto.

Haus Amilcar / Lantsch-Lenz, Graubünden
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XLIII RECINTI

XLIII

Firenze, 2002

RECINTI

r.

Un progetto, una ricerca che a quasi venti anni di distanza ho scelto di pubblicare.

Perché dopo tanto? Forse perché si tratta di un lavoro che non ha conosciuto la sua fine, per certi versi interrotto a causa di svariate circostanze.

Oggi mi sembra che il tema del recinto sia comunque attuale e proseguibile, per questa ragione ho deciso di “presentarlo al pubblico”.

Il risultato di una ricerca concettuale ha portato alla realizzazione di alcuni “volumi plastici” che mostrano la visione dei recinti come opere spaziali a scale diverse, fino al divenire vere e proprie architetture nel paesaggio.

(A.M. 2019)

Volume plastico n° 34, 25 x 25 x 9 cm circa / 2002 © Antonio Monaci
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XLII Allegri

XLII

Firenze, 2003

ALLEGRI

a.

Negozio della pioggia

Questo è un progetto di sedici anni fa, un progetto di idee per un negozio del marchio di abiti “Allegri”. Ad oggi mi sembra sempre attuale, anche se gli autori hanno intrapreso strade lontane.

(A.M. 2019)

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XL La Montagna magica

XL

Schweiz, 2017

DER ZAUBERBERG

r.

La montagna incantata. Davos Schatzalp 2020 / Photography Antonio Monaci
Un esempio di interni storicizzati: Schatzalp, Davos / © Photography Antonio Monaci

XXXIX Architettura pagana

XXXIX

Zürich, 2019

ARCHITETTURA PAGANA

a.

Da un’ispirazione nata in un “viaggio andaluso” a Cordoba all’interno della Mezquita.

La planimetria antropomorfa segue la linea parziale di un corpo, al suo interno lo spazio irregolare viene bilanciato da una disposizione regolare delle colonne. L’accesso alla Cattedrale è segnato da una gradinata che ne sottolinea la solennità.

L’immagine della Mezquita di Cordoba rappresenta il riferimento architettonico più “nobile”. Il riferimento all’opera di Carlo Mollino è automatico e chiaro.

Nel “Viaggio a Roma” di Dom Hans Van der Laan, architetto religioso dal grande valore, egli descrive le basiliche romane, quelle note e quelle meno note ai più. Ne descrive con grande efficacia quello che per me più importa in una architettura ben riuscita, ne riporto qui le parole:

qui sono presenti nient’altro che forme architettoniche elementari, come colonne, muri e ogni volume nella sua funzione più essenziale, il posizionamento di ogni singolo elemento è decisivo per l’impressione che siha dello spazio. […] Si tratta infatti di una struttura spoglia, che, attraverso la completa armonia fra gli elementi architettonici e le giuste proporzioni, ha semplicemente ricevuto l’espressività necessaria a trasformarla in uno spazio sacro”. (In riferimento a San Giorgio in Velabro, Roma)

Queste sono le parole a cui mira il mio progetto, in forma pagana.

A.M. 2019

Manifesto per una Cattedrale pagana


Acquerello 1

Acquerello Winsor & Newton: Dettaglio di un’architettura, Haus AJPK XXVIII / © Antonio Monaci

Biografia

Antonio Monaci, on the Boat on Lake Luzern. 2012 / photography © Antonio Monaci

XXVIII Architettura nel paesaggio n°1

XXXVIII

Julierpass, 2011

ARCHITETTURA NEL PAESAGGIO N°11

r.

Un lavoro di ricerca nel paesaggio della montagna, lungo lo Julierpass.

L’idea di collocare con una installazione temporanea delle porzioni di architettura in un paesaggio perlopiù incontaminato da altre presenze che non siano proprie della natura.

A.M. 2019

Due pareti nel lago / © Antonio Monaci 2011

XXXVII Grill Aprile

XXXVII

Dübendorf, 2019

GRILL d’APRILE

d.

Mi hanno chiesto di produrre un grill per amici, da collocare all’interno di un orto urbano a Zurigo.

Ho disegnato il grill adottando il sistema Lehni classico e cercando di mantenere forma e funzione ben legate fra loro.

Nella realizzazione si è scelto un metallo da 3 mm di spessore, adatto per esterni e per reggere le alte temperature.

850x425x950 mm.

Prodotto nel luglio 2019 da Lehni in Dübendorf.

Grill all’interno dello stabilimento Lehni in Dübendorf / © Antonio Monaci
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XXXVI Haus 131

XXXVI

Zürich, 2019

HAUS 131

a.

Questa architettura, può essere inscritta in quei lavori di ricerca sullo spazio abitato verso cui ho occasione di avventurarmi in assenza di uno specifico committente.

È un progetto nuovo, in fase di sviluppo, per il quale non sono da escludere future evoluzioni.

Da uno studio plastico, ho deciso di sviluppare la planimetria di “tipo” triangolare con la consapevolezza che questa generasse al suo interno, come è ben visibile, ambienti non consueti.

Intorno a questi, i servizi come bagni e lavanderia, rimangono di “tipo” classico. Dello stesso genere, la camera per gli ospiti e la biblioteca-studio.

Si tratta di un’architattura a padiglione in cemento e laterizio.

Il piano di copertura inclinato, oltre all’utilizzo di controsoffittature, costituisce all’interno ambienti dalle altezze variabili.

A.M. 2019

Modello in legno / © Antonio Monaci
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XXXIV-Garden vase

XXXIV

Zürich, 2017

GARDEN VASE

d.

Progetto di un vaso da giardino.

510 x 510 mm in terracotta nera.

Volevo realizzare un vaso in terracotta

Ho scelto di usare il nero

Ho pensato che questo vaso potesse raccordarsi ad altri

per diventare una linea:

Ho disegnato questo vaso in terracotta nera

con un collare su cui ho tagliato due pezzetti

perché possa baciarsi con altri due

e a seguire creando una sequenza.

A.M. 2019

Antonio Monaci Design
Disegno a carboncino su carta avorio 30 x 40 cm / © Antonio Monaci

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Antonello da Messina

Autobiografia iconografica

Antonello da Messina, 1475: La Crocifissione / National Gallery, London 2017 / Photography © Antonio Monaci

È stata una sorpresa, di quelle che si definiscono come belle, lo scoprire che nei suoi “ritratti”, John Berger, da una sua visita alla National Gallery di Londra nel 2019, descrive questa opera di Antonello da Messina. Fra gli innumerevoli capolavori che le sale del museo custodiscono, come il sottoscritto, John Berger, viene colpito da questa opera ritraendola in uno dei suoi schizzi. Per me rappresenta un esempio di magnifica sintesi fra forma e colore; in questo piccolo quadro di quarantadue per venticinque centimetri, si trovano la purezza delle forme geometriche, del paesaggio e dei colori, oltre alla grande spiritualità e persino l’eleganza di una cornice.

A.M. 2019

XXX-Japanisch Tisch

XXX

Zürich, 2016

JAPANISCH TISCH

d.

Japanisch Tisch Maske / © Antonio Monaci

Progetto per un Tavolo da salotto.

Il tavolo da salotto, un progetto di un legame con il giappone ed il fascino infinito della sua arte.

Un tavolino come una maschera.

Progettato in frassino e prodotto in falegnameria a Zurigo.

A.M. 2016

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XXIX-ètude

XXIX

Zürich, 2018

ÈTUDE

a.

ètude / pencil on yellow paper 60 x 75 cm / © Antonio Monaci 2018

Nota biografica III

Nota biografica

L’imperfection est la cime

Il y avait qu’il fallait détruire et détruire et détruire,
Il y avait que le salut n’est qu’à ce prix.

Ruiner la face nue qui monte dans le marbre,
Marteler toute forme toute beauté.

Aimer la perfection parce qu’elle est le seuil,
Mais la nier sitôt connue, l’oublier morte,

L’imperfection est la cime.

Yves Bonnefoy

L’imperfezione è la cima

È vero che occorreva distruggere e distruggere e distruggere,
È vero che la salvezza era a quel prezzo.

Devastare il volto nudo che affiora nel marmo,
Martellare ogni forma di bellezza.

Amare la perfezione in quanto soglia,
Ma conosciuta negarla, dimenticarla morta,

L’imperfezione è la cima.

Yves Bonnefoy

XXVIII-Haus AJPK

XXVIII

Zug, 2014/2017

HAUS AJPK

a.

Haus / Atelier.

Vista sul lago di Zug / © Antonio Monaci

Il progetto di questa casa era l’idea di poter realizzare una casa-rifugio nella natura. Rifugio da cosa? Forse dalla routine verso cui la vita ci spinge, che impone a noi tutti per quanto ciascuno abbia le capacità di sottrarsene, più o meno.

Questa casa voleva essere un aiuto.

Se non casa rifugio, potevo chiamarla casa studio, se come piace a me, vedo nel “luogo studio” un luogo di “ricerca esistenziale”.

Per la funzione pensata, non occorrevano misure ambiziose, bastava che potesse contenere una zona giorno con cucina, un bagno ed una camera da letto, con uno spazio distributivo semplice che fosse capace però nel contenere librerie numerose.

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XXVII-Studio Giardino

XXVII

Firenze, 2018

STUDIO

a.

Studio per un giardino.

Progetto di studio per un giardino in Firenze:

Studio dei colori per la recinzione che rientra nei lavori sullo “spazio colore”.

Si tratta in questo intervento di applicare nel reale la ricerca nello spazio/colore su cui sto investendo molto del mio attuale lavoro. In fin dei conti riguarda sempre volumetrie “elementari”, “primarie” perché queste hanno il solo compito di definire con chiarezza lo spazio entro cui muoversi e sostare; e non ritengo che sia necessario, per questo fine, inseguire chissà quali complessità.  Nello spazio così definito si interviene poi con il colore, con la “texture” da applicare volta per volta, al singolo elemento. Solo alla fine dell’intervento compiuto si verrà a generare lo “spazio/colore” cercato, la sua “emotività”.

A.M.

Disegno con grafite e matita / Studio per un giardino © Antonio Monaci 2018

XXVI-Nota biografica II

XXVI

Zürich, 2018

IL MODERNISTA SACRO

r.

“La lunghezza di due campate è uguale alla lunghezza della navata centrale tra i pilastri, sicché due campate formano un quadrato. Se si leva lo sguardo verso l’alto, lo stesso quadrato si riscontra nell’alzato, essendo il marcapiano inferiore collocato ad un livello esattamente pari alla lunghezza della navata centrale. […] La metafisica medievale concepiva la bellezza come […] l’irradiarsi luminoso di leggi oggettivamente valide. L’alzato della cattedrale di Chartres è la suprema dimostrazione di questa filosofia della bellezza. La perfezione di questo grande sistema architettonico è la perfezione delle sue proporzioni che il maestro sviluppò non secondo la sua personale intuizione, ma determinandole geometricamente con esattezza”.

La ricerca sul maestro Josef Albers:

Otto von Simson,

La cattedrale gotica. Il concetto medievale di ordine,

trad. it. di Maria Augusta Coppola,

Il Mulino, Bologna 1988, pp. 242-243

The length of the two bays is equal to the width of the nave between the piers, each double bay thus forming a square. As we look upward, the same square occurs in the elevation, the lower stringcourse being placed at a height exactly equal to the width of the nave. The proportions of Chartres Cathedral reveal the artistic conviction that stands behind it. Medieval metaphysics conceived beauty …. as the radiant manifestation of objectively valid The elevation of Chartres Cathedral is the supreme vindication of this philosophy of beauty. The perfection of this great architectural system is the perfection of its proportions, proportions that the master developed not according to his personal intuition but by exact geometrical determination.

Antonio Monaci, Variazione su Beitelltisch. Disegno con grafite su carta gialla, 21 x 29,5 cm. 2008.


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XXV-Garten Tisch

XXV

Firenze, 2017

GARDEN TISCH

d.

Tavolo per giardino.

Tavolo per giardino / Disegno in grafite e pastello su carta. © Antonio Monaci

XXI-Ricerca / Luoghi

XXI

London, 2014

LUOGHI

r.

British Museum. London / © Photography Antonio Monaci 2014

London British Museum © Photography Antonio Monaci

XX-Thirteen Vases

XX

Zürich, 2017

STUDIO

r.

Lavoro in terracotta per un giardino

Disegno con grafite e matita su carta gialla / © Antonio Monaci 2017

XVIII-Vignola orders

XVIII

Zürich, 2014

VIGNOLA ORDER

r.

Studio di un dettaglio di facciata a Zurigo.

Dettaglio per un ordine possibile / © Antonio Monaci Architekt 2014

XV-Studio II

XV

Baar, 2014

STUDIO

r.

Studio per lo Struktur Tisch / Grafite e acquerello su carta / © Antonio Monaci 2014

X-Ricerca III

X

Toscana, 2010

RICERCA

a.

Architettura sul fiume.

Architettura sul fiume: Dettaglio © Antonio Monaci 2016

VI-Opera IV

VI

Zürich, 2006

OPERA IV

d.

Tavolozza per artista numero 4: produced by Lehni.

Ultima variante rimasta solo su disegno che rappresenta uno sviluppo dell’opera numero due in cui, come nella variante numero tre, si è trattato di una “estrusione” lungo l’asse longitudinale che ne raddoppia la dimensione.

Opera IV / Disegno assonometrico

III-Tavolozza per artista 1

III

Dübendorf, 2005

OPERA I

d.

Tavolozza per artista numero 1: produced  by Lehni AG, 2005

Opera I / Disegno assonometrico

Realizzata da Willi Bühler nel 2005 all’interno dello stabilimento Lehni in Dübendorf, l’Opera I rappresenta uno dei primi studi sul rapporto fra arte e design.

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II-Ricerca I

II

La Chaux de Fonds, 2010

RICERCA

r.

Abitare

Abitare. La Chaux de Fonds / © Photography Antonio Monaci, 2010

I-Old Page

I

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Zürich, 2007

Lavoro grafico dal 2007 al 2018

www.antoniomonaci.it

con il contributo del visual designer / video artista:

Giovanni Antignano

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